Oggi il Vangelo ci parla delle cose ultime, (èskhatos in greco) proponendo uno scenario apocalittico che non ci piace e sul quale ci fermiamo poco a riflettere. Pensarci ci fa paura ci disturba. Esorcizziamo l’argomento col da farsi quotidiano. Ma la verità è che guardiamo all’ èskhatos nel modo sbagliato. Cos’è la fine della quale parla Gesù? e soprattutto riusciamo a capire che lo fa riferendosi ad un nuovo inizio? Dobbiamo pensare non tanto “alla fine del mondo”, ma “al fine del mondo!” alla e al (fine) ne cambiano il senso. Qual’è il fine della nostra vita? E’ morire al male e alla morte e risorgere alla vita eterna nel Regno di Dio che è fatto di amore, giustizia e pace. Ciascuno di noi è chiamato a costruirlo qui, già da oggi. Noi dobbiamo fabbricare un pezzetto di mondo nuovo nella nostra quotidianità affinchè insieme ai pezzetti fatti dagli altri fratelli si formi il Regno eterno del quale parla Gesù. Le nostre certezze e il nostro egocentrismo la fanno da padrone e ostacolano il percorso. Ma prima o poi arriva un momento nel quale tutto cambia. Quando tutto traballa e le nostre certezze ci abbandonano c’è solo uno che resta e ci rassicurara: Dio, l’ Eterno! Egli ha sempre qualcosa da darci e dirci. Riuscire a vivere concretamente la speranza in Lui, significa aver già trovato le cose ultime. Il problema quindi non è pensare a se, quando e come il mondo finirà, ma cercare di farlo finire quotidianamente nel nostro ego, superficialismo e indifferenza. Il linguaggio apocalittico usato da Gesù è, come dicevo prima, il linguaggio della nostra crisi e dei nostri limiti, che sta al di fuori dell’ umana comprensione . Ma sicuramente questa crisi che ci provoca a metterci in gioco, ci aiuterà a comprendere qual’è la meravigliosa novità del dopo che ci viene proposto. F.G.