CHIESA CATTEDRALE DI SAN FRANCESCO D’ASSISI
LA STORIA
Dalla piazza principale della città – compresa un tempo, verso oriente tra le mura medievali e la nuova cinta del Sangallo – la cattedrale della Diocesi di Civitavecchia-Tarquinia offre ancora al porto di Traiano la quinta della sua facciata.L’intitolazione a S. Francesco d’Assisi trasmette la memoria dei Minori conventuali, ai quali la chiesa rimane legata nel corso dei primi due secoli della sua storia. Forse, indirettamente, anche del capitano Francesco Andreotti, menzionato nei ruoli della flotta vittoriosa a Lepanto, che aveva donato ai conventuali una piccola proprietà nel borgo perché vi dedicassero una chiesa al santo del proprio nome.Adattando strutture preesistenti, i Francescani vi avevano costruito un piccolo chiostro e una cappella, da cui diffondevano la devozione di S. Antonio da Padova con tale favore, da promuovere la costruzione della nuova chiesa, che meglio rispondeva ai crescenti bisogni religiosi della città. L’8 febbraio 1610, i magistrati cittadini consegnarono con una solenne cerimonia ai rappresentanti dell’ordine religioso l’area che avevano ottenuto dalla Camera Apostolica per l’edificazione del convento e della chiesa dedicata a S. Francesco.La prima chiesa edificata nel luogo dell’attuale cattedrale inaugurò il periodo della grande espansione edilizia e demografica di Civitavecchia, fronteggiando l’antica cattedrale di S. Maria, la chiesa matrice affidata da Martino V ai domenicani nel 1422, quando la città rinasceva insieme con lo Stato della Chiesa. Nelle descrizioni di padre Theuli e, con qualche ironia, del domenicano Jean Baptiste Labat, questo primo complesso francescano apparve già di qualche rilievo.Tuttavia nell’anno 1769 il conventuale Clemente XIV accolse la richiesta di ampliamento della chiesa avanzata dai confratelli. L’incarico del nuovo progetto venne affidato all’architetto Francesco Navone, al quale si deve anche il grande edificio militare del Quartierone, sorto ai margini del borgo (lungo l’attuale via Centocelle) e ancora oggi prevalentemente adibito all’originaria funzione. Così le successive edificazioni di S. Francesco segnavano le tappe della storia urbanistica di Civitavecchia, fino ai bombardamenti del 1943 e agli anni della ricostruzione. Divenuta, sul finire del XVIII secolo, una fra le costruzioni più cospicue della città, la nuova chiesa segnalava in facciata l’appartenenza all’ordine francescano con le statue del fondatore e di S. Antonio da Padova collocate alle estremità della cornice che ripartisce il fronte. L’interno ad unica navata presentava sei cappelle (una delle quali ancora dedicata a S. Antonio) precedute, sui due lati, dal battistero e dalla scala di accesso all’organo. La visita pastorale del 1804 registra, oltre all’altare maggiore, un secondo altare sub titulo Ss.mae Conceptionis.La torre campanaria, le cui campane furono ricavate dalla fusione di due cannoni “di fino metallo detto di Corinto” donate da Clemente XIV, e il “fabbricato comodo e decente” del convento vennero aggiunti alla chiesa, consacrata il 20 giugno 1782, sotto il pontificato di Pio VI, dal vescovo di Viterbo e Tuscania, a cui Civitavecchia era allora annessa. Lo ricordava l’iscrizione posta al di sopra della “porticella”:
TEMPLUM / D.O.M. DICATUM / IN HONOREM S. FRANCISCI ASSIEN. / SOLEMNI RITU CONSECRAVIT / R.P.D.FR. FRANCISCUS ANGELUS PASTROVICHIUS / EPISCOPUS VITERBIEN. ET TUSCANEN. XII KALEND. IUNII AN. MDCCLXXXII5.
I tempi erano ormai maturi perché i progressi compiuti da Civitavecchia, elevata al rango di Delegazione Apostolica, si traducessero anche sul piano dell’ordinamento ecclesiastico. Dopo alcuni anni, nel 1805, la necessità di individuare una sede vescovile ed una chiesa cattedrale per la nuova Diocesi che si stava costituendo provocò la stipula della convenzione tra i Francescani e l’amministrazione comunale, per la quale i frati tornarono nella loro primitiva sede del borgo, dove sarebbe stata edificata la chiesa della SS.ma Concezione (ancora oggi tuttavia conosciuta, dai civitavecchiesi di una certa età, con il titolo di S. Antonio).La chiesa di S. Francesco, di cui il comune assumeva il giuspatronato, divenne successivamente collegiata e cattedrale della nuova Diocesi di Civitavecchia, unita nel 1825 a quella di Porto e S. Rufina e, dal 1854, a quella di Tarquinia. Il convento venne pertanto adibito ad episcopio e seminario diocesano, nel quale insegnavano i Dottrinari, che un secolo prima avevano aperto a piazza Leandra le prime scuole pubbliche di Civitavecchia.“Tanto fervore di opere fu distrutto dai sette minuti d’inferno del 14 maggio 1943” annota dolorosamente mons. Benignetti, per molti anni parroco di S. Francesco6. Gli 87 bombardamenti alleati che colpirono la città nel corso di un intero anno, fino al 22 maggio del 1944, lasciarono in piedi, nella grande distesa di macerie, soltanto la facciata, il campanile e parte delle mura perimetrali della chiesa, che per impulso del “Vescovo della Ricostruzione”, mons. Giulio Bianconi, fu nuovamente aperta al culto il 4 ottobre 19507. L’architetto Plinio Marconi, incaricato del progetto di riedificazione, raccordò la nuova costruzione con quanto si era conservato, provvedendo ad una sostanziale restituzione della chiesa del cavalier Navone, affiancata da un episcopio di maggiore monumentalità, mentre, a poche decine di metri, venivano abbattuti i resti della chiesa di S. Maria8.
L’ARCHITETTURA
La scalinata di dieci gradini si apre a ventaglio sul prospetto, che una vigorosa cornice, sormontata al centro da un timpano arcuato, divide in due parti sovrapposte. Due colonne dal classicheggiante ordine ionico, poste ai lati della porta, racchiudono in modesto aggetto l’unica porta coronata dal timpano triangolare. Due coppie di lesene delimitano sobriamente le partizioni laterali della superficie. La parte superiore, d’ordine composito, presenta al centro, in asse con il portale un’ampia finestra anch’essa sormontata da un timpano arcuato. Alle estremità di una seconda cornice sono collocate le ricordate statue di S. Francesco e di S. Antonio. Un timpano dai profondi accenti chiaroscurali corona la facciata.
L’interno, ad una sola navata, presenta ai lati, nel vano delle murature, sei cappelle simmetriche, incorniciate da dodici pilastri che sorreggono il cornicione e la copertura a volta. La navata prende luce, oltre che dalla finestra centrale, da dieci finestroni aperti sopra il cornicione, che proseguono nella coppia collocata all’ingresso del presbiterio.
Lo spazio del presbiterio è delimitato da un grande arco sorretto da due pilastri più grandi. Ai lati della collocazione originaria dell’altare e dell’affresco di Antonio Nessi (largamente ridipinto nel dopoguerra da Francesco Borgognoni e successivamente riportato allo stato originale dai recenti restauri) raffigurante il miracolo della Verna, in una replica fastosa del portale due grandi colonne distanziate dal muro dell’abside s’innalzano a sorreggere il grande timpano su cui sono assise le statue che rappresentano la Giustizia e la Speranza. Al centro si apre la raggiera dorata dello Spirito Santo.All’estremità superiore della navata, prima del presbiterio, sono collocate due porte, l’una di fronte all’altra, che conducono alla sacrestia e alla via pubblica. Ad esse corrispondono all’estremità inferiore, poco oltre la bussola, l’apertura del Fonte battesimale e la porta della scala che conduce all’organo.
L’ARTE
La statua in marmo di S. Caterina da Siena, collocata nella facciata della chiesa matrice di S. Maria prima della demolizione del 1951, da pochi anni accoglie i fedeli all’inizio del corridoio di sinistra, quasi a segnalare la provenienza esterna delle opere di maggiore pregio attualmente conservate nella cattedrale.
Mi riferisco anzitutto ai due reliquiari di S. Fermina in argento sbalzato, opera di bottega romana provenienti anch’essi dalla chiesa dei domenicani. Il primo, con teca a giorno sormontata da una corona e sostenuta da due angeli a figura intera, conserva la reliquia concessa dalla città di Amelia nel 1647. I due fronti principali del basamento recano i cartigli con lo stemma della città di Civitavecchia e l’iscrizione: “CENTUMCELLARUM CIVES UNANIMI PIETATE FIERI FECERUNT ANNO DOMINI 1655”.
A distanza di trenta anni i comandanti e i marinai della flotta pontificia impegnati nella guerra promossa da Innocenzo XI contro i turchi donarono alla medesima chiesa di S. Maria il reliquiario a busto di N. Millet recante sul cartiglio del basamento l’iscrizione: “D. FIRMINAE V.M. TUTELARI DUCES MILITES NAUTAE REMIGESQUE/CLASSIS PONTIFICIAE REDUCES AB ATTICA EXPEDITIONE IN TURCAS/OB EANDEM CLASSEM A MULTIS PERICULIS SERVATAM/DDD. MDCLXXX”.
Notevole è anche la navicella a galeone donata a S. Fermina dal cavaliere di Malta capitano Giov. Francesco Ferretti.
Altre notevoli acquisizioni provengono dalla chiesa dell’ospedale di S. Paolo. Si tratta di due opere settecentesche, un quadro ad olio ed una statua lignea rivestita d’argento in lamina sbalzato, raffiguranti la Madonna di Loreto, originariamente collocate nella cappella di sinistra sub titulo Virginis Lauretanae.
Dalla medesima chiesa proviene la Madonna con Gesù Bambino e angeli collocata nella prima cappella di sinistra dopo un recente restauro. La trascrizione del cartiglio colloca all’inizio della storia di Civitavecchia la realizzazione della tavola dipinta per l’altare maggiore: “PRESBITER DOMINICUS DE/LANFRANCHIS/JANUENSIS/PINXIT DIE XXIIII/MARTIJ 1518 IN CIVITA/TE VETULA FACIEBAT”.
LA DEVOZIONE
La devozione principale della chiesa cattedrale di Civitavecchia è dedicata a S. Fermina, protettrice dei marinai e patrona della città. La distruzione della seicentesca cappella fatta erigere in S. Maria dal capitano Terenzio Collemodi, ha trasferito nella chiesa cattedrale la sede principale del culto della santa, dopo i brevi soggiorni in altre chiese della città al seguito dei padri domenicani, che hanno lasciato definitamente Civitavecchia negli anni ’70.
Nella seconda cappella di sinistra è stato realizzato nell’anno 2004, per celebrare il secondo millenario del martirio, il sacello che ospita la statua della santa, la cui festa si celebra il 28 aprile. Alle celebrazioni partecipano anche i fedeli e le autorità religiose e civili di Amelia, che condivide il patronato della martire di Centumcellae, la città romana su cui sorse Civitavecchia9.
La festa religiosa, preceduta da un triduo in cattedrale, è collegata a varie manifestazioni culturali e sportive e, almeno a partire dal ‘600, ad una fiera recentemente ripristinata. Dopo aver percorso le strade principali della città, la statua è condotta a bordo di un rimorchiatore fino all’imboccatura del porto per la benedizione del mare. La festa si conclude con il rientro in cattedrale e la celebrazione di una messa solenne.
Anche la devozione di S. Maria delle Grazie, tradizionalmente promossa dalla Arciconfraternita del Gonfalone, è legata alla connotazione marinara della città.
La statua lignea della Vergine delle Grazie, che si venera nella chiesa della Stella dove la Arciconfraternita risiede fin dall’anno 1688, viene portata in processione nella vicina cattedrale nel pomeriggio del giorno 30 agosto. Qui ha inizio la novena, che consiste nella recita del rosario e nella messa vespertina conclusa dalla preghiera alla Madonna delle Grazie.
Nel corso della novena viene officiata dal vescovo una messa solenne in suffragio dei Vigili Urbani, che si sono posti sotto la protezione della Madonna delle Grazie.
Il giorno 8 settembre, dopo la messa solenne che precede il rientro della statua nella chiesa della Stella, viene impartita la benedizione del mare dal sagrato della cattedrale.
A cura dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici diocesani