Leggendo il Vangelo di oggi, era quasi tentato di scrivere alcuna riflessione, tanto il brano è eloquente. Ma poi, riflettendo sulla seconda lettura, ho cambiato idea volendo approfondire la battuta di Paolo quando dice che Dio sarà tutto in tutti. Già, quando sarà così? Paolo scrive: “quando gli sarà sottomessa ogni cosa”. Ma allora questo Dio Re, è un dittatore che impone la sua volontà senza concedere niente? Leggendo il Vangelo proposto in questa solennità ci verrebbe di pensare così. Hai fatto questo? stai con me, non l’ hai fatto?..stai fuori da casa mia! Ma noi cari amici, sappiamo bene che il nostro Dio Re non è un despota. A differenza di tutti gli altri, ha come trono una croce, indossa una corona non tempestata di perle ma fatta di spine che gli forano il capo. Inchiodato a quel trono, non riceve omaggi ma scherni e insulti. I suoi sudditi sono coloro che qualche giorno prima lo osannavano ed ora lo deridono. Come “ministri”, ha ai suoi fianchi due delinquenti appesi alla croce, come lui. Il Re Gesù, stà sul trono-croce per aver amato i suoi figli e fratelli, e paga con la vita l’aver cercato di insegnare loro come si stà al mondo. Ha insegnato che il modo corretto di vivere è riconosce nell’altro il volto di Dio, il quale gratuitamente e con amore ci ha donato la vita. L’uomo che si comporta come i benedetti raccontati in questo splendido brano di Matteo, ha in se Dio. I “benedetti” sono “sottomessi” si, ma dal suo amore. Dio sarà tutto in tutti quando ognuno di noi sarà in grado di riconoscerlo nel fratello che ha fame o sete, che è solo o disperato, che non sa come arrivare a fine mese, che ha una brutta malattia, che è deriso o che non sa più tornare sulla giusta strada e così via… Il benedetto è colui che ha imparato da Gesù Cristo come si guariscono i mali del mondo, come si elimina l’ingiustizia e si usa misericordia.Il benedetto è colui che è consapevole di essere stato precedentemente un “maledetto”, perchè non riusciva a riconoscere Dio. Il benedetto è uno che ha liberato se stesso e contribuisce a liberare gli altri dalla schiavitù del peccato, il benedetto è colui che si umilia e non pretende di essere meglio di tutti a tutti i costi. Il benedetto è colui che riconosce l’amore in quel Re crocifisso perché sà che quel trono così infamante è in realtà l’espressione più alta dell’amore. Ci è di esempio quel ladrone crocifisso accanto a Gesù in quanto è l’unico che lo riconosce, diventando anche lui un benedetto, perché Gesù gli promette di farlo entrare in paradiso. S. Giovanni Crisostomo a questo proposito dice: “Questo ladrone ha rubato il paradiso. Nessuno prima di lui ha mai sentito una simile promessa, né Abramo, né Isacco, né Giacobbe, né Mosè, né i Profeti, né gli Apostoli: il ladrone entrò prima di tutti loro. Ma anche la sua fede oltrepassò la loro. Egli vide Gesù tormentato, e lo adorò come se fosse nella gloria.” “Rubiamo” anche noi il paradiso, riconoscendo Gesù in coloro che camminano con noi. Cerchiamo di vederlo nel bene e nel male nelle gioie e nei dolori nostri e degli altri. Pensiamo e viviamo così: sicuramente ci sentiremo chiamare “benedetti” e saremo invitati ad entrare in casa Sua. (FG)
Nov 26
Addio ad Antonio Dolgetta
Vogliamo ricordare e salutare anche da questo sito, l’amico ANTONIO DOLGETTA il quale è tornato alla casa del Padre. Eravamo abituati a vederlo fotografare durante le Celebrazioni in Cattedrale, sempre infaticabile e preciso nel suo servizio. Anche molte delle foto che troviamo nella pagina storicafotografica, ci sono state fornite da lui. Di tutto questo e dell’ amicizia che ci ha offerto, lo ringraziamo, sicuri che continuerà dall’ alto a partecipare alle nostre liturgie.
Nov 12
Trentaduesima domenica del tempo ordinario 12/11/2023
“Non vogliamo, fratelli, lasciarvi nell’ignoranza a proposito di quelli che sono morti, perché non siate tristi come gli altri che non hanno speranza”. Voglio iniziare anche questa domenica la mia riflessione con le parole che Paolo scrive ai tessalonicesi. Raccomanda loro di non essere tristi come chi vive senza speranza. E’ una raccomandazione che vale anche per noi. Il pensiero di morire ci rattrista perché non riusciamo a vedere oltre la morte non pensando invece che attraverso di lei potremo incontrare il Signore. Mi chiedo allora: siamo convinti della risurrezione di Gesù Cristo? San Paolo nella prima lettera ai Corinzi (non proclamata oggi) scrive “Ma se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede” Non avere speranza nella vita eterna, significa non credere nella risurrezione di Cristo. Il dubbio sul dopo ci fa esorcizzare la morte e nel frattempo viviamo la vita con leggerezza sapendo che si, prima o poi moriremo, ma che affronteremo il problema quando sarà il fatidico momento. Sento alcuni che dicono “cosa mi costa aver fede? Quando morirò se ci sarà qualcosa..bene, altrimenti cosa cambierà per me? nulla!” Discorso di chi vive senza speranza e, permettetemi, anche con finta fede. Invece credere, ci rende felici perché sappiamo che prima o poi incontreremo colui nel quale abbiamo sperato. Aver fede significa essere sempre adeguatamente pronti all’ incontro con Dio senza abbassare mai la guardia perchè potrebbe avvenire in qualsiasi momento. Vorrei riflettere con voi anche su un altro aspetto. Dio ci chiama sempre! possiamo incontrarlo tutti i giorni, è solo questione di saperlo riconoscere nelle persone che vivono con noi l’esperienza terrena. Il modo più semplice è quello di essere acuti e vigilanti nell’ osservare e capire la sua presenza. Dobbiamo sentirci sempre sotto esame perchè se non lo siamo, perdiamo di vista il fine ultimo di tutta la nostra vita che è, come dicevo prima, l’incontro finale con lui. Se cerchiamo di vederlo nel nostro prossimo, non ci troverà impreparati quando ci chiamerà. Vivere nell’ isolamento non guardando più in là del nostro naso, è indice di mancanza di quella sapienza della quale si parla nella prima lettura odierna “La sapienza è splendida e non sfiorisce, facilmente si lascia vedere da coloro che la amano e si lascia trovare da quelli che la cercano”. Questo dono dello Spirito Santo ci aiuta con forza a cercare quel che siamo chiamati a trovare e così saremo pronti all’ incontro in qualsiasi momento, senza ansia, ma felici di rincontrare Colui che per primo ci ha cercati e continua farlo anche quando ci allontaniamo. Non lasciamoci sfuggire questo nostro Dio che ci ama infinitamente! Mi piace proporvi questa frase che ho letto “Ci credi o non ci credi, Gesù ti ama uguale. Solo che non te lo godi”. Teniamocelo stretto fratelli,insieme a Lui gioiremo per sempre! FG
Nov 12
Calendario novembre
Ott 29
Trentesima domenica del tempo ordinario 29/10/2023
Paolo, Silvano e Timoteo, raggiungono Tessalonica (l’attuale Salonicco) per annunciare il Vangelo. Alcune reazioni negative all’ annuncio, li costringono a lasciare la città e di conseguenza l’opera di evangelizzazione appena iniziata. L’Apostolo delle genti è preoccupato che la comunità appena formata, possa essere oggetto di attacchi, tali da far arrestare il percorso appena intrapreso. Da Atene allora, manda a Tessalonica il suo amico Timoteo il quale ritorna da Paolo (che nel frattempo era arrivato a Corinto) tranquillizzandolo e dicendo di aver trovato una comunità fiorente la quale aveva ben messo a frutto gli insegnamenti perpetrati durante la sua missione. Decide così di scrivere loro la lettera che oggi viene proclamata in questa trentesima domenica del tempo ordinario. Ed io, ho pensato di basare la riflessione proprio su questo brano perché credo possa aiutarci a riflettere su annuncio e ascolto. Paolo, come leggiamo, si rallegra del buon esito della predicazione nonostante un circondario di natura completamente opposta e allo stesso tempo, indica alcune norme morali e organizzative della comunità, la quale, “ha accolto la Parola in mezzo a grandi prove, con la gioia dello Spirito Santo,…. è diventata modello per tutti i credenti della Macedònia e dell’Acàia…. la vostra fede in Dio si è diffusa dappertutto, tanto che non abbiamo bisogno di parlarne.” Allora mi domando, questo popolo è stato solo ben evangelizzato?, o ci ha messo del suo? Paolo nella lettera, esprime soddisfazione per il comportamento corretto riguardo l’annuncio ricevuto. Di qui capiamo che evangelizzatori ed evangelizzati devono mantenere un equilibrio costante se vogliono che la missione produca frutto. In questa prima lettera ai tessalonicesi, Paolo menziona la struttura essenziale della vita cristiana: fede, speranza e carità. Queste tre virtù che sono di Dio, devono essere anche quelle del cristiano. Solo così si possono sconfiggere gli idoli del mondo che tentano di allontanare dalla giusta via. Molte volte purtroppo, questi idoli prevalgono sul Vangelo perché noi, che dovremmo esserne gli annunciatori, non ne sfruttiamo la fortezza e lo riduciamo ad essere più debole rispetto a loro. Dobbiamo ricordarci chi è il più forte in questo mondo: è Dio e lui solo! Noi siamo la sua fortezza le sue labbra, gambe e braccia ma anche e soprattutto suo cuore! Spesso complichiamo il Vangelo con la nostra immaturità e lo annunciamo nel modo sbagliato facendolo passare non come un messaggio di amore ma solo come imposizione. Il Vangelo è si una regola, ma una regola di grazia! E ricordiamoci: è la grazia che fa la differenza perché ci guarisce e ci salva. I frutti di una sana evangelizzazione che porti gli uomini ad amarsi tra loro, come proclamato nel Vangelo odierno, saranno copiosi se lo cominciamo a proclamare camminando in ginocchio per non crederci chissà quali predicatori, senza dimenticare che noi per primi siamo stati evangelizzati. FG
Ott 22
XXIXma DOMENICA TEMPO ORDINARIO
“Buoni Cristiani e onesti cittadini.” Non è uno slogan ma ciò che dovremmo essere. D’altronde, il messaggio evangelico non si scosta molto dalla legge civile. Le dieci parole educano i figli di Dio a vivere nel rispetto Suo e del prossimo. La leggi dello Stato a loro volta, indicano quali sono le regole per condividere onestamente la cosa pubblica con gli altri cittadini. In ambedue i casi, a meno che non si viva in una dittatura, il libero arbitrio consente di osservare o meno la legge. Quella del Signore, esordisce con l’amore che si deve a Lui e prosegue immediatamente con l’altra che addirittura viene definita simile alla prima e cioè quella di amare il prossimo come se stessi. Dice Gesù che da questi due comandi dipendono tutta la Legge e i Profeti. In queste ultime domeniche, abbiamo assistito continuamente alle domande insidiose rivolte a Gesù dai rappresentanti di questo o quel gruppo religioso e attraverso le parabole delle scorse settimane, abbiamo capito quanto è difficile la pacifica convivenza tra gli uomini. Gli interessi, anche quelli più esili, finiscono per diventare l’unica ragione di vita e regolano i comportamenti in maniera tale che ognuno possa avere quel benessere solo materiale il quale consente di vivere con la regola “non ti disturbo e tu non mi disturbare”. E’ ormai normale comportarsi così e non dovrebbe esserlo per il cristiano. Ma allora come convive quest’ ultimo con la polis? San Paolo in Rm 13- 1,7, ricorda che occorre prestare obbedienza leale alle autorità dello stato. Guai se non fosse così. Il Cristiano non si pone il problema dell’osservanza delle leggi civili perché basa il suo comportamento sulla legge divina, quella che si erge sull’ amore e il rispetto. Gesù, come scrivevo prima, veniva incitato dai vari politici dell’epoca a dare una risposta, la quale, qualunque fosse stata, lo avrebbe fatto emergere come traditore del popolo che aspettava il Messia e voleva uscire dalla dittatura romana, oppure come un sovversivo anti romano. Egli capisce bene le intenzioni. Non è un politico e non vuole farsi propaganda elettorale. Non ne ha bisogno. Cristo, liberatore della coscienza ottusa dell’uomo, nella moneta che gli viene presentata, vede non un dio ma Cesare ivi impresso, al quale erano affidate le sorti della polis, e in quella polis il cristiano bene o male doveva viverci, così, lo invita a pagare il tributo. Poi però, prosegue dicendo di dare a Dio ciò che è di Dio. E di Dio è l’ uomo! Come scriveva Benedetto XVI°: “Dio ha creato il mondo per iniziare una storia di amore con l’uomo. Egli lo ha creato perché ci fosse l’amore”. In poche parole, Dio vuole che l’uomo, dirigente o semplice cittadino, renda allo stato quanto dovuto al fine della crescita del bene comune, ma gli chiede a sua volta, di rendere a fratelli e sorelle, l’amore col quale è stato creato. E’ l’unica “tassa” che vuole da lui. Questo lo renderà, concludendo così come ho iniziato, “buon Cristiano e onesto cittadino”. FG
Ott 01
XXVI° Domenica tempo ordinario 1 ottobre 2023
Se Gesù avesse rivolto a me la domanda fatta ai sacerdoti e agli anziani, cosa avrei risposto? Bè, credo che d’ impulso mi sarei espresso come loro e di conseguenza avrei ricevuto lo stesso durissimo rimprovero di Gesù. Poi, mi sarei pure offeso chiedendomi: “ma come, proprio a me? possibile che mi passeranno avanti ogni genere di peccatori nel cammino verso il Regno? eppure sono ligio al dovere, non sono uno che si tira indietro quando c’è da prestare la propria opera in chiesa. Se capita di dover aiutare qualcuno io ci sono, stò in prima fila, e allora perché questo trattamento? Semplice, perché la mia, come quella dei saccenti dottori della legge, è solo apparenza, e il mio cuore non è convertito. Sono uno di quelli che fà solo se capita. Ma la chiamata è continua, impegna ventiquattro ore al giorno. Il Profeta Ezechiele nella prima lettura, lo spiega bene. L’ impegno ad essere giusto deve essere permanente, non deve mai cessare. Invece di offendermi dopo il richiamo di Gesù, devo chiedermi: com’è il mio cuore? Quello di un convertito o di un abitudinario? Perchè questo è il problema. Convertirsi significa anche “cambiare”. In questo caso, cambiare strada stabilmente, non ad ore. Gesù vuole che si cammini con lui verso il Regno col cuore convinto e lo chiede soprattutto a coloro che dicono, o credono, di essere già convertiti e perfetti. Ma la perfezione è altro. Paolo nella lettera ai Filippesi, “canta” il bellissimo inno a Gesù Cristo il quale, “pur essendo di natura divina non ritenne un tesoro geloso la sia uguaglianza con Dio”,,,ecco il punto. Dio mi vuole come lui ma per esserlo, quanta strada devo fare! Durante il cammino devo spogliarmi di me stesso e assumere le vesti di Gesù Cristo che si fece servo per costruirmi un futuro di eternità. E mi ha aperto la strada, perchè anch’io diventi un “costruttore di futuro”. Ma devo essere convinto e felice di farlo e devo stargli dietro con le gambe e col cuore. Mi è concesso essere ultimo solo per fatica. Un ultimo così fatto, costruisce comunque il futuro e lo fà con convinzione. E’ un ultimo il quale rimane dietro a tutti ma che dal fondo fa sentire la sua presenza. Un ultimo che non si vanta, non manca di rispetto, non tiene conto del male ricevuto, che è pronto a morire a se stesso per fare spazio al fratello che gli cammina vicino, forse alla fine della fila, come lui. Un ultimo che si mette in cammino e che si fida, nell’ intimo del suo cuore, di quella voce che lo invita a resistere e camminare, e lo fà chiamandolo per nome con un timbro diverso da tutte le altre voci, perché lo fà con e per amore. Si cari amici, quella voce chiama in continuazione e si fà sentire anche e soprattutto da chi sta in fondo. E’ impossibile non sentirla. Rispondendole, come dice una canzone, ricorderemo dove porta quella strada: all’ incontro con Lui!FG
Ott 01
CALENDARIO PARROCCHIALE OTTOBRE 2023
Amici, entriamo nel mese di Ottobre tradizionalmente dedicato alle MISSIONI. Se consulterete il calendario nell’ apposita finestra della pagina principale del sito, vedrete che il 18 ottobre alle 20,30 reciteremo un Rosario solenne dedicatoloro dedicato. Poi il 22 sarà la GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE E SAREMO CHIAMATI AD AIUTARE ANCHE ECONOMICAMENTE LE TERRE DI MISSIONE. Poi il 29 ai Cappuccini, ci sarà l’ ASSEMBLEA DIOCESANA. Tanti appuntamenti quindi, ai quali siamo chiamati a partecipare e dei quali potete prendere visione leggendo appunto il calendario.
Set 24
Venticinquesima domenica del tempo ordinario 24 settembre 2023
Il padrone della vigna di cui parla Gesù, al mattino, prende degli operai a soldo, poi esce più tardi e chiama altri operai e poi ancora nel pomeriggio, fino alla fine della giornata. Nei campi, al tempo di Gesù, non c’era l’illuminazione e dunque si poteva lavorare soltanto con il sole, fino al tramonto. Pertanto, i lavoratori che erano stati chiamati verso le cinque del pomeriggio, dovevano aver lavorato per mezz’ora, un’ora al massimo. Quegli operai lavoravano tutti per una causa comune, cioè la vigna, ma c’è una differenza tra coloro che erano stati chiamati a lavorare prima e coloro che avevano iniziato più tardi. I primi operai di questo passo del Vangelo si scandalizzano e non hanno capito il senso del loro lavoro, perché credono di essere nella vigna perché migliori degli altri, perché superiori, perché devono far contento il padrone. Ma Dio non segue questa logica commerciale, Dio non è consumismo, è amore incondizionato. Stare nella vigna ha valore soltanto se dal mattino fino alla sera quella è la mia gioia, non un’imposizione. La fine della giornata di cui parla il Vangelo, ormai è chiaro, è la metafora della vita; la ricompensa che ci attende al tramonto della nostra esistenza è la stessa per ciascuno di noi. Non esiste un paradiso di serie B da destinare a coloro che si sono aggiunti troppo tardi. Dunque, la ricompensa è uguale per tutti. Questa logica non deve angosciarci, non deve spingerci verso la tentazione di pensare di vivere un’ingiustizia; piuttosto dovrebbe rallegrarci perché il desiderio di un bravo lavoratore della vigna, di un bravo cristiano è che tutti si salvino. Spesso però, quando qualcuno ci passa avanti o prende il nostro posto, non siamo affatto contenti. La verità è che tutti lavoriamo nella stessa vigna. Ma dov’è questa vigna? La vigna è la strada che faccio per andare a lavoro, è l’ufficio in cui trascorro gran parte della giornata, è la mia famiglia. E non sta a noi decidere le tempistiche di questa vigna, è il padrone che comanda, non gli operai. Dunque, dobbiamo fare una scelta. Le ultime parole del Vangelo suonano come una minaccia: «Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Ancora una volta, Gesù conferma che il suo modo di ragionare non somiglia alle logiche umane.È una vigna che ha bisogno di operai umili, che si mettano al servizio, che desiderino veramente il bene della vigna. Gesù non parla di manager, dirigenti, imprenditori, ma di umili operai che si fidino di Lui. *Don Ivan Leto
Set 17
XXIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Domenica scorsa, Gesù nel Vangelo affermava: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Lo diceva al termine del discorso sul perdono fraterno il quale permette ai fratelli di stare insieme. Lui rimarrà in quella comunità solo se ci sarà carità e amore. Lo si canta anche in una famosa melodia: “dov’è carità e amore, lì c’è Dio”. Un versetto di questa canzone dice pure: “Chi non ama resta sempre nella notte e dall’ombra della morte non risorge; ma se noi camminiamo nell’amore, noi saremo veri figli della luce.” I figli della luce, sono quelli che traggono forza dalla luce stessa emanata da Cristo salvezza. Vivere nella luce di Cristo permette di vedere con chiarezza e affrontare correttamente le cose della vita, soprattutto quelle nelle quali ci viene chiesto di essere misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro che è nei cieli. La consuetudine di quel tempo, indicava che si doveva perdonare fino a tre volte e Pietro, già consapevole del modo diverso di pensare che aveva Gesù, gli chiede quante volte doveva essere indulgente. La risposta praticamente fù: sempre! ma per fargli capire quel “sempre”, il Signore usò la metafora del “settanta volte sette”. Provate a fare questo calcolo e vi accorgerete che per esaurire il totale derivante, non basterebbe una vita intera. Gesù adopera il sette perché questo numero è sinonimo di completezza. Il primo utilizzo lo troviamo nella Genesi durante il racconto della creazione. Un cammino di alcuni giorni che si conclude con il settimo nel quale Dio portò a termine la sua opera in modo perfetto. Anche l’uomo è chiamato a completare perfettamente la sua opera, ma ci riuscirà solo se arriverà al “settimo giorno” potendo dire con certezza: “sto in pace con tutti”. La sequela di quel Cristo che tutto ha perdonato, anche il torto più disumano, gli sarà di aiuto. Il perdono e la misericordia di Cristo hanno però una qualità divina. Dobbiamo quindi amare come ci ama Dio e solo allora il nostro perdonare sarà qualitativamente perfetto. Abbiamo spesso l’abitudine di dire: “ti perdono ma non dimentico”…bè, non abbiamo perdonato! Siamo al primo dei sette giorni e dobbiamo fare tanta strada per riuscire a capire che chi perdona per davvero dimentica tutto e non porta rancore. Il Vangelo di oggi è molto chiaro: saremo disconosciuti dal Padre se non perdoneremo di cuore al nostro fratello. Quel fratello che cammina con noi, cade con noi, soffre o gioisce, impara dagli errori commessi ed insieme a noi cerca di trarne insegnamento per non ricadervi. E’ quel fratello che con noi condivide l’amore e la misericordia di Dio. Se riuscissimo ad entrare in questa mentalità, quante divisioni in meno ci sarebbero. Basterebbe essere meno superbi e questo ci renderebbe più disponibili a capire gli altri. Solo così il nostro perdonare sarebbe da settimo giorno!
Set 03
XXII° domenica del tempo ordinario
+ Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai». Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Va’ dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!».Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.Infatti quale vantaggio avrà un uomo se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita? O che cosa un uomo potrà dare in cambio della propria vita?Perché il Figlio dell’uomo sta per venire nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e allora renderà a ciascuno secondo le sue azioni».
Come abbiamo udito domenica scorsa, Simone figlio di Giona è definito da Gesù “beato”. Oggi è additato come “satana”. Ma non basta, il Signore gli ordina pure di camminargli dietro e prosegue con il discorso forte e per certi versi duro nel quale spiega a chiare lettere cosa significa essere “beati”. Beatitudine la si può intendere come felicità, benessere. A questo stato di vita aspiriamo un pò tutti. Sfido chiunque a dire di non ambire ad essere felice! Però la beatitudine al quale si era riferito Gesù verso Pietro, era scaturita da quell’ esclamazione di quest’ ultimo il quale aveva ben definito chi fosse per lui il Figlio dell’uomo. Ebbene difronte a cotanta fede espressa, Gesù spiega lui intende la beatitudine. Ancora una volta chi lo sente percepisce che la strada non sarà semplice anzi, ma molto tortuosa. Gesù però, non dice “armiamoci e partite” ma di andargli dietro, perché quella strada è lui per primo che la percorrerà. Sarà un cammino che lo porterà fino a Gerusalemme dove verrà appeso ad una croce sulla quale morirà come il peggiore dei malfattori. Ecco qua lo scontro che porta Simone Figlio di Giona a non essere più additato come beato ma bensì come Satana. La mentalità umana di Kefa, lo ferma a quella parte del discorso dove Gesù doveva “andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso” e non gli permette di ascoltarne la parte finale: “e risorgere il terzo giorno.” Simone Figlio di Giona, non pensa secondo Dio ma secondo gli uomini. Ecco perché Gesù lo chiama Satana ma attenzione, non lo caccia via..no. lo invita a stargli dietro. Gesù capisce benissimo la situazione dell’ uomo e da Dio vero qual è, invita a seguirlo portando ognuno la propria croce. Lui, però si carica per primo di quel pesantissimo strumento di morte. Ed è egli stesso che ci si fa appendere a Gerusalemme per far vedere a Kefa e tutti coloro che lo hanno seguito, come da quella croce scaturisce la risurrezione. Dio, non ha mandato controfigure a dimostrarci quanto ci ha raccontato nel Vangelo. Lui stesso sì è esposto, ha camminato, ha sofferto e pianto..ci ha fatto vedere come si sale sulla croce ma soprattutto come se ne scende. Certo, è questione di cambiare mentalità. Facile essere beati come Kefa altrettanto semplice essere come lui dei satana. Paolo nella seconda lettura di oggi dice “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto.” Accettiamo anche questo invito dell’ Apostolo delle genti, rischiamo altrimenti di restare appesi alla croce di morte e la risurrezione rimarrà per noi solo un miraggio. La felicità eterna ci sarà sfuggita di mano, avremo perso l’opportunità di essere felici ma felici per davvero!FG
Set 03
Calendario di Settembre
Cari Amici, anche se la fede non va in ferie, l’ ultima pubblicazione del calendario risale a giugno/luglio. Nonostante il meritato riposo di tutti, le celebrazioni quotidiane e festive si sono susseguite senza alcuna battuta di arresto. Adesso siamo pronti a ripartire e già nella pubblicazione del calendario di settembre (che trovate nell’ apposita finestra dell’ home page) sono elencate le Celebrazioni parrocchiali e diocesane con le quali continuiamo il nostro cammino.
Buona lettura!