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Cattedrale Civitavecchia

Articoli dell'autore

XXVI° Domenica tempo ordinario 1 ottobre 2023

Se Gesù avesse rivolto a me la domanda fatta ai sacerdoti e agli anziani, cosa avrei risposto? Bè, credo che d’ impulso mi sarei espresso come loro e di conseguenza avrei ricevuto lo stesso durissimo rimprovero di Gesù. Poi, mi sarei pure offeso chiedendomi: “ma come, proprio a me? possibile che mi passeranno avanti ogni genere di peccatori nel cammino verso il Regno?  eppure sono ligio al dovere, non sono uno che si tira indietro quando c’è da prestare la propria opera in chiesa. Se capita di dover aiutare qualcuno io ci sono, stò in prima fila, e allora perché questo trattamento? Semplice, perché la mia, come quella dei saccenti dottori della legge, è solo apparenza, e il mio cuore non è convertito. Sono uno di quelli che fà solo se capita. Ma la chiamata è continua, impegna ventiquattro ore al giorno. Il Profeta Ezechiele nella prima lettura, lo spiega bene. L’ impegno ad essere giusto deve essere permanente, non deve mai cessare. Invece di offendermi dopo il richiamo di Gesù, devo chiedermi: com’è il mio cuore? Quello di un convertito o di un abitudinario? Perchè questo è il problema. Convertirsi significa anche “cambiare”. In questo caso, cambiare strada stabilmente, non ad ore. Gesù vuole che si cammini  con lui verso il Regno col cuore convinto e lo chiede soprattutto a coloro che dicono, o credono, di essere già convertiti e perfetti. Ma la perfezione è altro. Paolo nella lettera ai Filippesi, “canta” il bellissimo inno a Gesù Cristo il quale, “pur essendo di natura divina non ritenne un tesoro geloso la sia uguaglianza con Dio”,,,ecco il punto. Dio mi vuole come lui ma per esserlo, quanta strada devo fare! Durante il cammino devo spogliarmi di me stesso e assumere le vesti di Gesù Cristo che si fece servo per costruirmi un futuro di eternità. E mi ha aperto la strada, perchè anch’io diventi un “costruttore di futuro”. Ma devo essere convinto e felice di farlo e devo stargli dietro con le gambe e col  cuore. Mi è concesso essere ultimo solo per fatica. Un ultimo così fatto, costruisce comunque il futuro e lo fà con convinzione. E’ un ultimo il quale rimane dietro a tutti ma che dal fondo fa sentire la sua presenza. Un ultimo che non si vanta, non manca di rispetto, non tiene conto del male ricevuto, che è pronto a morire a se stesso per fare spazio al fratello che gli cammina vicino, forse alla fine della fila, come lui.  Un ultimo che si mette in cammino e che si fida, nell’ intimo del suo cuore, di quella voce che lo invita a resistere e camminare, e lo fà chiamandolo per nome con un timbro diverso da tutte le altre voci, perché lo fà con e per amore. Si cari amici, quella voce chiama in continuazione e si fà sentire anche e soprattutto da chi sta in fondo. E’ impossibile non sentirla. Rispondendole, come dice una canzone, ricorderemo dove porta quella strada: all’ incontro con Lui!FG

CALENDARIO PARROCCHIALE OTTOBRE 2023

Amici, entriamo nel mese di Ottobre tradizionalmente dedicato alle MISSIONI. Se consulterete il calendario nell’ apposita finestra della pagina principale del sito, vedrete che il 18 ottobre alle 20,30 reciteremo un Rosario solenne dedicatoloro dedicato. Poi il 22 sarà la GIORNATA MISSIONARIA MONDIALE E SAREMO CHIAMATI AD AIUTARE ANCHE ECONOMICAMENTE LE TERRE DI MISSIONE. Poi il 29 ai Cappuccini, ci sarà l’ ASSEMBLEA DIOCESANA. Tanti appuntamenti quindi, ai quali siamo chiamati a partecipare e dei quali potete prendere visione  leggendo appunto  il calendario.

Venticinquesima domenica del tempo ordinario 24 settembre 2023

Il padrone della vigna di cui parla Gesù, al mattino, prende degli operai a soldo, poi esce più tardi e chiama altri operai e poi ancora nel pomeriggio, fino alla fine della giornata. Nei campi, al tempo di Gesù, non c’era l’illuminazione e dunque si poteva lavorare soltanto con il sole, fino al tramonto. Pertanto, i lavoratori che erano stati chiamati verso le cinque del pomeriggio, dovevano aver lavorato per mezz’ora, un’ora al massimo. Quegli operai lavoravano tutti per una causa comune, cioè la vigna, ma c’è una differenza tra coloro che erano stati chiamati a lavorare prima e coloro che avevano iniziato più tardi. I primi operai di questo passo del Vangelo si scandalizzano e non hanno capito il senso del loro lavoro, perché credono di essere nella vigna perché migliori degli altri, perché superiori, perché devono far contento il padrone. Ma Dio non segue questa logica commerciale, Dio non è consumismo, è amore incondizionato. Stare nella vigna ha valore soltanto se dal mattino fino alla sera quella è la mia gioia, non un’imposizione. La fine della giornata di cui parla il Vangelo, ormai è chiaro, è la metafora della vita; la ricompensa che ci attende al tramonto della nostra esistenza è la stessa per ciascuno di noi. Non esiste un paradiso di serie B da destinare a coloro che si sono aggiunti troppo tardi. Dunque, la ricompensa è uguale per tutti. Questa logica non deve angosciarci, non deve spingerci verso la tentazione di pensare di vivere un’ingiustizia; piuttosto dovrebbe rallegrarci perché il desiderio di un bravo lavoratore della vigna, di un bravo cristiano è che tutti si salvino. Spesso però, quando qualcuno ci passa avanti o prende il nostro posto, non siamo affatto contenti. La verità è che tutti lavoriamo nella stessa vigna. Ma dov’è questa vigna? La vigna è la strada che faccio per andare a lavoro, è l’ufficio in cui trascorro gran parte della giornata, è la mia famiglia. E non sta a noi decidere le tempistiche di questa vigna, è il padrone che comanda, non gli operai. Dunque, dobbiamo fare una scelta. Le ultime parole del Vangelo suonano come una minaccia: «Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi». Ancora una volta, Gesù conferma che il suo modo di ragionare non somiglia alle logiche umane.È una vigna che ha bisogno di operai umili, che si mettano al servizio, che desiderino veramente il bene della vigna. Gesù non parla di manager, dirigenti, imprenditori, ma di umili operai che si fidino di Lui. *Don Ivan Leto

XXIV° DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Domenica scorsa, Gesù nel Vangelo affermava: “dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”. Lo diceva al termine del discorso sul perdono fraterno il quale permette ai fratelli di stare insieme. Lui rimarrà in quella comunità solo se ci sarà carità e amore. Lo si canta anche in una famosa melodia: “dov’è carità e amore, lì c’è Dio”. Un versetto di questa canzone dice pure: “Chi non ama resta sempre nella notte e dall’ombra della morte non risorge; ma se noi camminiamo nell’amore, noi saremo veri figli della luce.” I figli della luce, sono quelli che traggono forza dalla luce stessa emanata da Cristo salvezza. Vivere  nella luce di Cristo permette di vedere con chiarezza e affrontare correttamente le cose della vita, soprattutto quelle nelle quali ci viene chiesto di essere misericordiosi come è misericordioso il Padre nostro che è nei cieli. La consuetudine di quel tempo, indicava che si doveva perdonare fino a tre volte e Pietro, già consapevole del modo diverso di pensare che aveva Gesù, gli chiede quante volte doveva essere indulgente. La risposta praticamente fù: sempre! ma per fargli capire quel “sempre”, il Signore usò la metafora del “settanta volte sette”. Provate a fare questo calcolo e vi accorgerete che per esaurire il totale derivante, non basterebbe una vita intera. Gesù adopera il sette perché questo numero è sinonimo di completezza. Il primo utilizzo lo troviamo nella Genesi durante il racconto della creazione. Un cammino di alcuni giorni che si conclude con il settimo nel quale Dio portò a termine la sua opera in modo perfetto. Anche l’uomo è chiamato a completare perfettamente la sua opera, ma ci riuscirà solo se arriverà al “settimo giorno” potendo dire con certezza: “sto in pace con tutti”. La sequela di quel Cristo che tutto ha perdonato, anche il torto più disumano, gli sarà di aiuto. Il perdono e la misericordia di Cristo hanno però una qualità divina. Dobbiamo quindi amare come ci ama Dio e solo allora il nostro perdonare sarà qualitativamente perfetto. Abbiamo spesso l’abitudine di dire: “ti perdono ma non dimentico”…bè, non abbiamo perdonato! Siamo al primo dei sette giorni e dobbiamo fare tanta strada per riuscire a capire che chi perdona per davvero dimentica tutto e non porta rancore. Il Vangelo di oggi è molto chiaro: saremo disconosciuti dal Padre se non perdoneremo di cuore al nostro fratello. Quel fratello che cammina con noi, cade con noi, soffre o gioisce, impara dagli errori commessi ed insieme a noi cerca di trarne insegnamento per non ricadervi. E’ quel fratello che con noi condivide l’amore e la misericordia di Dio. Se riuscissimo ad entrare in questa mentalità, quante divisioni in meno ci sarebbero. Basterebbe essere meno superbi e questo ci renderebbe più disponibili a capire gli altri. Solo così il nostro perdonare sarebbe da settimo giorno!